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Ruderi di San Tomaso

Il complesso monumentale, grazie anche ad alcuni restauri conservativi, tuttora in corso, è oggi una fra le più importanti testimonianze del passato ed è meta d’obbligo per il turista che soggiorna nel Tigullio.

Esso è stato di recente inserito nel panorama dei contenitori culturali dopo i positivi risultati di interessanti iniziative qui programmate.

Sfiorati dall’autostrada Genova-Livorno, sopra un poggetto presso Santa Maria del Campo, si ergono, in mezzo agli ulivi, i ruderi dell’antico Cenobio di San Tomaso dalle pure linee romaniche.

Si tratta, in verità, di poche vestigia: qualche muro in pietre squadrate, una robusta colonna con base e capitelli su cui poggiano gli archi, destinati a reggere il tetto, ed alcune finestre, allungate e a doppia strombatura, occhieggianti sulla valle. Quel poco che rimane dell’antico edificio è comunque preziosa testimonianza d’uno stile che racchiude in sé forza ed armonia ed inoltre riconduce a scelte architettoniche e volumetriche specifiche di quel tempo lontano, presenti specialmente in Lunigiana, ma verificabili assai raramente in Liguria.

La costruzione, infatti, si sviluppa su due navate distinte per aderire all’uso che nel medioevo voleva divisi in chiesa gli uomini dalle donne e bambini, mentre nella facciata, oggi purtroppo assai incompleta, è significativo l’aprirsi di un’antica porta d’accesso asimmetricamente collocata in corrispondenza della navata di destra.

Quali le origini di questo monastero cistercense?

Lo storico Arturo Ferretto, sulla base di documenti d’archivio, ne fissa la fondazione attorno al 1160, poiché un atto di vendita di terre da parte dei coniugi Giulia e Giovanni Malocello del 4 febbraio 1161 , indicandone i confini, cita i terreni dei Bafigo e quelli appunto della Chiesa di San Tommaso.

Da ricordare poi che il Pontefice Gregorio IX prendendo, con atto 3 febbraio 1230, sotto la sua protezione le suore di S. Tommaso di Genova, come già aveva fatto il suo predecessore Alessandro III, indica fra i beni anche il S. Tommaso di Rapallo.

E proprio alle benedettine del convento genovese va ricondotta quasi sicuramente l’iniziativa di far sorgere questo luogo di preghiera nella ridente valle di Santa Maria del Campo.

Nel 1468 sarà poi necessario un decreto della Curia genovese per riaffermare l’appartenenza del monastero al S. Tommaso di Genova, tentando di impedire le usurpazioni in atto.

Le stesse però non vennero del tutto eliminate ed assieme alla perdita di taluni privilegi, a mutamenti interni negli ordini monastici, alle travagliate crisi politiche, determinarono il progressivo degrado del Cenobio via via sempre meno abitato dalle religiose biancovestite e, quindi, in progressivo abbandono.

Il visitatore apostolico mons. Francesco Bossio, nella primavera 1582, effettuato un sopralluogo, decretava inesorabilmente: “Nell’oratorio di San Tommaso, altre volte chiesa del Monastero di San Tommaso di Genova, essendo che da molti anni non è stata celebrata messa né avendo redditi, eretto ivi una croce, si converta in uso profano, si venda ed il prezzo si impieghi ad arbitrio dell’Arcivescovo”.

L’ordine non venne eseguito, ma l’Arcivescovo di Genova rnons. Matteo Rivarola, in occasione della visita che effettuò a S. Maria del Campo il 4 novembre 1597, confermò la necessità di alienare i beni della chiesuola sul poggio a favore dei restauri della parrocchiale della località, destinando alla demolizione il S. Tommaso ove non si fossero reperiti i fondi per l’indifferibile restauro.

Mentre le campane vennero traslate al campanile di Santa Maria, si pose allora mano al piccone fortunatamente senza però scendere sino alle fondamenta.

E così sono sopravvissuti sino a noi pochi frammenti di questo sacro edificio che, nella sua rovina, riesce tuttavia a farci intuire una pura bellezza intramontabile, ed è da rallegrarsi che il complesso monumentale sia pervenuto in possesso del Comune, mediante lascito di Giovanni Merello, ponendo le premesse per una piena valorizzazione nel contesto ambientale circostante.

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